Pelle - Storia della Pelle
La Storia della Pelle - L'origine
etimologica della parola carta è ancora oggi piuttosto incerta,
alcune fonti l'associano al termine greco charassò (che in latino
diviene charta) che di fatto significa incidere. Mentre assai più
chiara e certa è l'origine della traduzione del termine carta; paper in inglese,
papel in spagnolo e papier francese,
che derivano indiscutibilmente dal nome della pianta di papiro.
Il papiro infatti era in atichità utilizzato, come supporto per
scrivere, dagli Egizi a partire dal 3000 a.C. e successivamente
dai Greci e dai Romani. Più tardi e più a nord, il Papiro
(che cresce in luoghi con un clima subtropicale) fu sostituito dalla Pergamena,
ottenuta dalla lavorazione di pelli animali.
Cina
La Pelle in Cina veniva prodotta già 2000 anni fà,
all'inizio ovviamente le tecniche di produzione della carta erano assai diverse
da quelle che oggi ritroviamo nelle moderne Aziende della Pelle.
La fabbricazione della carta da corteccia, stracci
e reti da pesca fu descritta per la prima
volta nell'anno 105 d.C. dall'ufficiale di corte
Ts'ai Lun. Recentemente, nel 1986, a Dunhuang (Gansu),
scavi archeologici in una tomba della prima metà
del II secolo a.C. hanno portato al ritrovamento
di un brandello di carta con tracciata una mappa.
Questo sensazionale scoperta, denota come la carta fosse già
conosciuta e utilizzata in quell'epoca, retrodatando così le prime
fabbricazioni di circa due secoli, rispetto alla data dello scritto
di Ts'ai Lun. La diffusione
della tecnica al di fuori dei confini della Cina fu assai lenta;
anche se altri popoli avevano visto la carta, non
riuscivano a capire come venisse fabbricata ed i Cinesi
per molti anni custodirono gelosamente questo segreto.
America
In America, ritrovamenti archeologici indicano che la fabbricazione
della carta era già nota ai Maya non più tardi
del V secolo. Chiamata "amate" era
largamente diffusa tra le civiltà precolombiane
fino all'arrivo dei conquistatori spagnoli.
Ancor oggi si fabbrica, in modeste quantità,
carta con la tecnica tradizionale maya.
Giappone
La tecnica arrivò in Giappone dalla Corea, al tempo parte
integrante dell'impero cinese, intorno al
610 portata da un monaco buddista, Dam Jing
da Goguryeo. Originariamente prodotta con
la rafia di gelso, fu migliorata dai giapponesi
e sin dal IX secolo la produzione della carta
diventò una vera e propria industria nazionale.
Dalla cartiera imperiale di Kyoto uscirono
nuove carte fabbricate con fibre di gelso
(washi), canapa, dafne e paglia. Furono anche
i primi riciclatori di carta sin dal XIV-XVI
secolo sembra per decongestionare gli archivi.
Mondo arabo
In Medio Oriente la carta era già nota presso i persiani
nel VI secolo importata dalla Cina con le
carovane lungo le vie della seta. Gli arabi
ne vennero a conoscenza nel 637 entrando in
Ctesifonte, capitale della dinastia sasanide,
ma solo nel 751, dopo la battaglia del Talas,
con la conquista di Samarcanda fecero prigionieri
dei cartai cinesi dai quali ne carpirono i
segreti. La carta di Samarcanda, fatta con
canapa e lino, diventò presto famosa e assicurò
un periodo di sviluppo alla regione. Con l'espandersi
del mondo arabo-musulmano si diffuse anche
la produzione della carta: nell'VIII secolo
in Egitto, nei secoli successivi in tutta
l'Africa settentrionale e nel X secolo la
Sicilia ne era un importante centro per il
commercio.
Europa
La carta giunse in Europa nel XII secolo. Importata da Damasco
attraverso Costantinopoli o dall'Africa attraverso
la Sicilia era un prodotto mediocre se paragonato
alla pergamena e per di più musulmano, tanto
che Federico II in un editto del 1221 ne proibì
l'uso negli atti pubblici. Tuttavia il consumo
non fece che aumentare e nel XIII secolo le
flotte mercantili del Mediterraneo e dell'Adriatico,
finanziate da grossi commercianti (in gran
parte veneziani), si spartivano il fiorente
mercato.
Le cose cambiarono dal 1268 quando a Fabriano, una piccola città tra Ancona e Perugia, si cominciò a preparare la pasta utilizzando magli multipli azionati da un albero a camme collegato ad una ruota idraulica. Più efficienti del mortaio dei cinesi o della mola degli arabi, mossi da uomini o animali, i magli, lavorando in verticale, sfibrano canapa e lino più velocemente e meglio riducendo così i costi e migliorandone la qualità. Anche il telaio da immergere nel tino cambiò: l'intreccio di cotone, bambù o canne fu sostituito da un intreccio in ottone e rimarrà pressoché invariato fino al XVIII secolo. La collatura con amido di riso o grano fu cambiata con una a base di gelatina animale che migliora caratteristiche come l'impermiabilità o la resistenza a insetti e microrganismi.
La nuova tecnologia ebbe un notevole successo e presto sorsero nuovi mulini in tutta l'Italia settentrionale. La carta italiana, di qualità migliore, più economica e soprattutto cristiana si impose velocemente in tutta Europa.
Il monopolio della carta italiana durò fino a metà del XIV secolo quando nuovi centri cartari sorsero prima in Francia e poi in Germania. La prima metà del XV secolo vide la Francia primeggiare nella produzione della carta, ma nella seconda metà, per le alte tasse sui mulini e sul trasporto degli stracci, la produzione si spostò verso l'Olanda.
Nel XVII secolo furono introdotte delle macchine dette olandesi, vasche anulari di forma ovale in cui un cilindro munito di lame contemporaneamente sfilacciava e raffinava le fibre. Con le olandesi si ottenne una carta più bianca ed omogenea anche se meno resistente perché le fibre venivano tagliate anziché schiacciate.
Nel 1750 l'inglese John Baskerville introdusse una nuova tecnica per ottenere della carta priva dei segni della vergatura chiamata wove paper. L'industria inglese riuscì a mantenere il monopolio della fabbricazione per circa un quarto di secolo, ma nel 1777 il francese Pierre Montgolfier (padre dei fratelli Montgolfier) ottenne dei fogli perfettamente lisci che presero il nome di carta velina, nome che richiamava la pergamena prodotta con la pelle dei vitelli nati morti particolarmente liscia.
Nel 1774 grazie alle scoperte del chimico svedese K.W. Scheele si vide la possibilità di usare cloro per sbiancare la carta. Purtroppo più tardi si scoprirà che l'ossidazione al cloro ha effetti sulla durata a lungo termine. Nel 1807 venne introdotto un sistema di collatura in massa con allume e colofonia, più economico di quello con gelatina animale, ma che più che decuplica l'acidità della carta.
Le cose cambiarono dal 1268 quando a Fabriano, una piccola città tra Ancona e Perugia, si cominciò a preparare la pasta utilizzando magli multipli azionati da un albero a camme collegato ad una ruota idraulica. Più efficienti del mortaio dei cinesi o della mola degli arabi, mossi da uomini o animali, i magli, lavorando in verticale, sfibrano canapa e lino più velocemente e meglio riducendo così i costi e migliorandone la qualità. Anche il telaio da immergere nel tino cambiò: l'intreccio di cotone, bambù o canne fu sostituito da un intreccio in ottone e rimarrà pressoché invariato fino al XVIII secolo. La collatura con amido di riso o grano fu cambiata con una a base di gelatina animale che migliora caratteristiche come l'impermiabilità o la resistenza a insetti e microrganismi.
La nuova tecnologia ebbe un notevole successo e presto sorsero nuovi mulini in tutta l'Italia settentrionale. La carta italiana, di qualità migliore, più economica e soprattutto cristiana si impose velocemente in tutta Europa.
Il monopolio della carta italiana durò fino a metà del XIV secolo quando nuovi centri cartari sorsero prima in Francia e poi in Germania. La prima metà del XV secolo vide la Francia primeggiare nella produzione della carta, ma nella seconda metà, per le alte tasse sui mulini e sul trasporto degli stracci, la produzione si spostò verso l'Olanda.
Nel XVII secolo furono introdotte delle macchine dette olandesi, vasche anulari di forma ovale in cui un cilindro munito di lame contemporaneamente sfilacciava e raffinava le fibre. Con le olandesi si ottenne una carta più bianca ed omogenea anche se meno resistente perché le fibre venivano tagliate anziché schiacciate.
Nel 1750 l'inglese John Baskerville introdusse una nuova tecnica per ottenere della carta priva dei segni della vergatura chiamata wove paper. L'industria inglese riuscì a mantenere il monopolio della fabbricazione per circa un quarto di secolo, ma nel 1777 il francese Pierre Montgolfier (padre dei fratelli Montgolfier) ottenne dei fogli perfettamente lisci che presero il nome di carta velina, nome che richiamava la pergamena prodotta con la pelle dei vitelli nati morti particolarmente liscia.
Nel 1774 grazie alle scoperte del chimico svedese K.W. Scheele si vide la possibilità di usare cloro per sbiancare la carta. Purtroppo più tardi si scoprirà che l'ossidazione al cloro ha effetti sulla durata a lungo termine. Nel 1807 venne introdotto un sistema di collatura in massa con allume e colofonia, più economico di quello con gelatina animale, ma che più che decuplica l'acidità della carta.
Era industriale
Dopo tre anni di ricerche, nel dicembre del 1798, il francese
Louis-Nicolas Robert depositò un brevetto
di una macchina per fare una carta lunghissima.
Il brevetto fu acquistato da Didot Saint-Léger,
proprietario della cartiera di Essonnes, con
la promessa di una grossa somma prelevata
dagli utili. Didot invece fece perfezionare
il progetto dal cognato, tal Gamble, il quale
a sua volta fuggì in Inghilterra dove depositò
il brevetto. Perfezionata ulteriormente nel
1803 la nuova macchina diede il via alla produzione
industriale della carta.
Durante la prima metà del XIX secolo i continui miglioramenti ridussero sempre più i costi di produzione, ma la limitata offerta della materia prima, gli stracci, impose la ricerca di nuove fonti. La sola introduzione della macchina a vapore raddoppiò la produzione nel decennio 1850-1860. Furono fatti tentativi con l'ortica, la felce, il luppolo e il mais, ma nessuno dei surrogati riuscì a competere in qualità e costi con gli stracci.
Nel 1844 un tessitore di Heinicken, in Sassonia, di nome F.G. Keller depositò un brevetto per una pasta preparata dal legno. Il tedesco Heinrich Voelter nel 1846 lo migliorò con l'invenzione di un apparecchio per la sfibratura costituito da una grossa mola in gres che sminuzza il legno. Il prodotto ottenuto era mediocre ma adatto ad un utilizzo nascente: la stampa periodica. Lo sfibratore si imporrà solo dopo il 1860 quando ad esso verrà affiancato un altro trattamento: quello chimico. I primi trattamenti furono con soda e potassa a caldo, seguiti da sbianca con cloro. Emicellulosa e lignina si sciolgono, mentre la cellulosa rimane intatta. Soda e potassa vennero presto sostituiti da bisolfito che opera in ambiente acido.
Dal 1880 un nuovo procedimento al solfato permise di ottenere una carta molto robusta chiamata carta Kraft che rivoluzionerà il mondo dell'imballaggio.
Con l'arrivo della pasta di legno, la produzione diventò di massa e la caduta del prezzo trasformò la carta in un prodotto di largo consumo. In Inghilterra, ad esempio, la produzione passò dalle 96.000 del 1861 alle 648.000 tonnellate del 1900. I paesi ricchi di foreste come quelli scandinavi, il Canada e gli Stati Uniti diventarono i nuovi riferimenti del mercato. La carta industriale abbondante e a basso costo diversifica gli utilizzi: nel 1871 la prima carta igienica in rotoli, nel 1906 le prime confezioni del latte in cartone impermeabilizzato, nel 1907 il cartone ondulato e poi giocattoli, capi d'abbigliamento, elementi d'arredo, isolamenti elettrici.
Prima di quest'epoca, un libro o un giornale erano oggetti rari e preziosi e l'analfabetismo era enormemente diffuso. Con la graduale introduzione della carta economica, giornali, quaderni, romanzi e altra letteratura furono alla portata di tutti.
La carta offrì la possibilità di scrivere documenti personali e corrispondenza, non più come lusso riservato a pochi. La stessa classe impiegatizia può essere considerata come nata dalla rivoluzione della carta così come dalla rivoluzione industriale.
Con la contemporanea invenzione della penna stilografica, della produzione di massa di matite, del processo di stampa rotativa, la carta ha avuto un peso notevole nell'economia e nella società dei paesi industrializzati.
In Italia possiamo ricordare in particolare Pietro Miliani, che nel XIX secolo, da semplice operaio diventò fondatore delle attuali industrie omonime.
Alcuni storici avanzano la teoria che la carta sia stato un elemento chiave nell'evoluzione delle culture. Secondo questa ipotesi la cultura cinese rimase arretrata rispetto a quella europea a causa dell'utilizzo del bambù, più scomodo rispetto al papiro. La cultura cinese si sarebbe poi sviluppata prima e durante la dinastia Han per merito dell'invenzione della carta. L'evoluzione culturale del Rinascimento europeo sarebbe dovuta all'introduzione della carta e della stampa.
Durante la prima metà del XIX secolo i continui miglioramenti ridussero sempre più i costi di produzione, ma la limitata offerta della materia prima, gli stracci, impose la ricerca di nuove fonti. La sola introduzione della macchina a vapore raddoppiò la produzione nel decennio 1850-1860. Furono fatti tentativi con l'ortica, la felce, il luppolo e il mais, ma nessuno dei surrogati riuscì a competere in qualità e costi con gli stracci.
Nel 1844 un tessitore di Heinicken, in Sassonia, di nome F.G. Keller depositò un brevetto per una pasta preparata dal legno. Il tedesco Heinrich Voelter nel 1846 lo migliorò con l'invenzione di un apparecchio per la sfibratura costituito da una grossa mola in gres che sminuzza il legno. Il prodotto ottenuto era mediocre ma adatto ad un utilizzo nascente: la stampa periodica. Lo sfibratore si imporrà solo dopo il 1860 quando ad esso verrà affiancato un altro trattamento: quello chimico. I primi trattamenti furono con soda e potassa a caldo, seguiti da sbianca con cloro. Emicellulosa e lignina si sciolgono, mentre la cellulosa rimane intatta. Soda e potassa vennero presto sostituiti da bisolfito che opera in ambiente acido.
Dal 1880 un nuovo procedimento al solfato permise di ottenere una carta molto robusta chiamata carta Kraft che rivoluzionerà il mondo dell'imballaggio.
Con l'arrivo della pasta di legno, la produzione diventò di massa e la caduta del prezzo trasformò la carta in un prodotto di largo consumo. In Inghilterra, ad esempio, la produzione passò dalle 96.000 del 1861 alle 648.000 tonnellate del 1900. I paesi ricchi di foreste come quelli scandinavi, il Canada e gli Stati Uniti diventarono i nuovi riferimenti del mercato. La carta industriale abbondante e a basso costo diversifica gli utilizzi: nel 1871 la prima carta igienica in rotoli, nel 1906 le prime confezioni del latte in cartone impermeabilizzato, nel 1907 il cartone ondulato e poi giocattoli, capi d'abbigliamento, elementi d'arredo, isolamenti elettrici.
Prima di quest'epoca, un libro o un giornale erano oggetti rari e preziosi e l'analfabetismo era enormemente diffuso. Con la graduale introduzione della carta economica, giornali, quaderni, romanzi e altra letteratura furono alla portata di tutti.
La carta offrì la possibilità di scrivere documenti personali e corrispondenza, non più come lusso riservato a pochi. La stessa classe impiegatizia può essere considerata come nata dalla rivoluzione della carta così come dalla rivoluzione industriale.
Con la contemporanea invenzione della penna stilografica, della produzione di massa di matite, del processo di stampa rotativa, la carta ha avuto un peso notevole nell'economia e nella società dei paesi industrializzati.
In Italia possiamo ricordare in particolare Pietro Miliani, che nel XIX secolo, da semplice operaio diventò fondatore delle attuali industrie omonime.
Alcuni storici avanzano la teoria che la carta sia stato un elemento chiave nell'evoluzione delle culture. Secondo questa ipotesi la cultura cinese rimase arretrata rispetto a quella europea a causa dell'utilizzo del bambù, più scomodo rispetto al papiro. La cultura cinese si sarebbe poi sviluppata prima e durante la dinastia Han per merito dell'invenzione della carta. L'evoluzione culturale del Rinascimento europeo sarebbe dovuta all'introduzione della carta e della stampa.